Il Disturbo Ossessivo Compulsivo è una patologia spesso sottovalutata e di cui ci si vergogna. Si supera con tecniche di Esposizione e Prevenzione dei Rituali.
Ognuno di noi ha le sue piccole manie con le quali convive serenamente. Provate a vedere se vi riconoscete in alcune di queste: controllare più volte di aver chiuso la porta di casa. Allineare le pantofole ogni sera. Ma anche manie legate all’igiene o il dover sommare i numeri delle targhe delle auto che incrociamo camminando.
“Manie” e disagio
Questi comportamenti bizzarri possono diventare patologici quando occupano gran parte del nostro tempo. O quando, non potendoli mettere in atto perché qualcosa ci impedisce di farlo, viviamo un forte disagio. Tanto da compromettere la serenità e la vita di ogni giorno.
Nei casi più gravi si vive ogni giornata seguendo la propria “mania” e mettendo in secondo piano lavoro, famiglia e vita sociale. Tutto ciò crea molta sofferenza perché si è consapevoli di esagerare e di trascurare cose importanti. Tuttavia non si riesce a fare a meno di compiere certi rituali.
Pensi di soffrire di disturbo ossessivo compulsivo?
Capita che se non si sia sicuri di aver chiuso il gas e ci si senta costretti a tornare indietro per controllare. Ma non una sola volta (questo sarebbe normale): si arriva a farlo anche decine di volte! Ci sono rituali legati al concetto di sporco nei quali la persona sente la compulsione di lavarsi continuamente (le mani ad esempio, fino a decine di volte al giorno).
In alcuni casi i rituali devono essere messi in atto un numero preciso di volte: 3, 7, 15… In altri invece la compulsione è legata al contare e ricontare oggetti. O a controllare decine di volte una mail prima di inviarla. O ancora, al sistemare oggetti sulla scrivania o in uno scaffale in modo ossessivamente ordinato e simmetrico.
Le ossessioni più ricorrenti
Ma può trattarsi anche soltanto di azioni mentali che si è costretti a ripetere dentro di sé: contare, pregare, ripetere formule. Altrimenti si teme che non facendolo possano avvenire chissà quali disgrazie. Alcuni pazienti non compiono rituali ma hanno pensieri ossessivi, impulsi o immagini mentali che vengono percepite come sgradevoli o intrusive.
Il contenuto delle ossessioni può variare, i temi ricorrenti riguardano il timore di far del male ad altre persone (si ha paura di aggredire il partner, di far del male ai propri figli…). O di essere contaminati toccando il denaro o oggetti. Possono essere presenti pensieri ossessivi di natura sessuale (il timore di compiere gesti pedofili, o di scoprirsi improvvisamente). O il pensiero ossessivo sull’amare o meno il proprio partner (DOC da relazione).
Una patologia sottovalutata
L’elemento in comune delle ossessioni è che sono impulsi non voluti, che producono paura, disgusto o senso di colpa. Tutti questi comportamenti fanno parte di una patologia ben precisa: il Disturbo Ossessivo Compulsivo. Un disturbo legato al controllo degli impulsi di cui soffre circa il 3% della popolazione. E spesso senza esserne consapevole, perché questa patologia viene frequentemente mal diagnosticata o sottovalutata.
All’inizio l’esecuzione di questi comportamenti ridurre l’ansia che si avvertirebbe senza compierli. Sfortunatamente però, a lungo termine li rinforza e li peggiora. Ciò porta a un aumento delle compulsioni (azioni irrefrenabili) che a sua volta conduce ad avere ancora più ansia e più ossessioni. È un disturbo che può tendere alla cronicizzazione anche se con fasi altalenanti di miglioramento e di peggioramento. E raramente è episodico.
La psicoterapia cognitivo comportamentale per trattare il DOC
Dall’insorgenza alla ricerca di aiuto spesso passano anche molti anni, perché la persona non sa spiegare bene la compulsione che sente o se ne vergogna. Il trattamento d’elezione, come attestano i documenti diffusi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, è costituito dalla Psicoterapia Cognitivo Comportamentale basata su tecniche di Esposizione e Prevenzione dei Rituali. Nelle sedute il terapeuta può avvalersi della pratica della Mindfulness, che porta il paziente a prestare attenzione intenzionalmente al momento presente e in modo non giudicante, vivendo il qui e ora, momento per momento (Kabat-Zinn, 2003).